“Il cibo è in ogni luogo e in ogni epoca un atto sociale”
R. Barthes
Metti un sabato di fine settembre, un ultimo sole più estivo che autunnale, un po‘ di musica, tanto cibo e tutta la voglia di reincontrarsi, e il successo è assicurato!
Ospitate nel giardino della casa di accoglienza “Il Pozzo di Sicar”, una cinquantina di persone -tra volontari, rifugiati e amici e amiche di CIAC- si sono date appuntamento il 30 settembre per sedersi a tavola insieme. L’occasione è stata accolta con grande entusiasmo: dalle ragazze Ucraine rimaste in piedi fino a tardi la sera prima per preparare le млинець [Mlynetsʹ] (crêpes al miele); al tour de force di Durga e delle accolte al Pozzo di Sicar, nel cucinare riso, dhal e pollo speziato per tutti; fino a quell’hummus mescolato al volo e alle immancabili teglie di pizza e focaccia; ognuno ha voluto contribuire al pranzo di comunità, raccontando un pezzetto di sé, attraverso i piatti tipici della propria cultura.
Il cibo che, come sempre, non è mai solo cibo ma è cura, rito, legami e identità, si trasforma così in ponte e ci offre la possibilità di raggiungere l’altro in un convivium letterale e metaforico, per immaginare insieme nuovi spazi e modelli di convivenza.
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Non a caso il pranzo si è rivelato un’occasione preziosa anche per confrontarsi sui temi dell’abitare, del vivere e condividere spazi in contesti multiculturali. Prendendo in prestito il metodo del World Cafè, volontari e accolti hanno potuto raccontare in piccoli gruppi le proprie esperienze di convivenza, portando alla luce le difficoltà incontrate in passato, le routine che si scontrano e cambiano, le aspettative verso il “vivere insieme” un quartiere, un condominio, un appartamento, che alla fine si rivelano più simili di quanto si creda.
Finché continueremo a creare spazi di incontro concreti, la speranza verso una comunità aperta e capace di sedersi a tavola insieme resta accesa.