Come costruire l’accoglienza di domani. Le proposte di Europasilo GUARDA I VIDEO
La rete nazionale per il diritto d’asilo lancia sette “tesi” per una riforma organica del sistema dopo una lunga stagione di precarizzazione. Dall’accoglienza diffusa alla chiusura dei grandi centri, è importante evitare gli errori del passato. Il 16-17 aprile il convegno di presentazione
Cronaca
Sette proposte per riformare il sistema di accoglienza e integrazione italiano e farlo uscire da una buia stagione di precarizzazione. Le avanza la rete nazionale per il diritto d’asilo Europasilo, che il 16 e 17 aprile ha organizzato un convegno online per illustrarne la portata sul breve e medio termine (qui i dettagli). Titolo e obiettivo: “L’accoglienza di domani”.
Per Europasilo occorre un sistema davvero unico e diffuso di accoglienza e integrazione (Sai, già Sprar poi snaturato in Siproimi) organizzato in strutture di piccole dimensioni, abbandonando il modello inefficiente dei grandi centri di accoglienza straordinaria (Cas) di gestione statale. E poi una governance multilivello al pari degli altri servizi pubblici, un rinnovato ruolo del terzo settore, l’attivazione di multidisciplinari processi di rete sui territori, un nuovo e trasparente sistema di valutazione, un ente nazionale per il diritto d’asilo a “garanzia del sistema”.
Lo scenario in cui si inseriscono le proposte della rete è quello che esce segnato da una “profonda destrutturazione” risalente al biennio 2018-2019 (per citare il prezioso contributo di Monia Giovannetti, socia Asgi, pubblicato sul fascicolo 1/2021 della rivista Diritto, Immigrazione e Cittadinanza), quando il governo Conte I ha scardinato il sistema sulla carta “unico”, lo ha reso “binario” e lo ha appesantito con “sovrastrutture differenziali”, a seconda che si trattasse di richiedenti asilo o titolari di protezione.
Per un parziale “rinnovamento” si è dovuto attendere il varo del decreto legge 130/2020 (convertito con legge 173/2020), che ha rimesso nuovamente al centro il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Un passaggio chiave che per Europasilo, da solo, non basta.
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Per Europasilo occorre un sistema davvero unico e diffuso di accoglienza e integrazione (Sai, già Sprar poi snaturato in Siproimi) organizzato in strutture di piccole dimensioni, abbandonando il modello inefficiente dei grandi centri di accoglienza straordinaria (Cas) di gestione statale. E poi una governance multilivello al pari degli altri servizi pubblici, un rinnovato ruolo del terzo settore, l’attivazione di multidisciplinari processi di rete sui territori, un nuovo e trasparente sistema di valutazione, un ente nazionale per il diritto d’asilo a “garanzia del sistema”.
Lo scenario in cui si inseriscono le proposte della rete è quello che esce segnato da una “profonda destrutturazione” risalente al biennio 2018-2019 (per citare il prezioso contributo di Monia Giovannetti, socia Asgi, pubblicato sul fascicolo 1/2021 della rivista Diritto, Immigrazione e Cittadinanza), quando il governo Conte I ha scardinato il sistema sulla carta “unico”, lo ha reso “binario” e lo ha appesantito con “sovrastrutture differenziali”, a seconda che si trattasse di richiedenti asilo o titolari di protezione.
Per un parziale “rinnovamento” si è dovuto attendere il varo del decreto legge 130/2020 (convertito con legge 173/2020), che ha rimesso nuovamente al centro il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Un passaggio chiave che per Europasilo, da solo, non basta.
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