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Convegno Community Matching: Uno più uno non fa due

Il Community Matching tra rifugiati e italiani a confronto con altre esperienze di prossimità interculturale

Comunicati stampa

Un rapporto paritario basato sulla reciproca fiducia e solidarietà. È questa la base del Community Matching, un progetto per l’integrazione sociale creato da UNHCR Italia in collaborazione con Ciac e Refugees Welcome Italia, con il sostegno dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. L’iniziativa mette in contatto persone rifugiate e volontarie in molte città italiane favorendo la condivisione di esperienze, l’aiuto reciproco e la creazione di legami significativi.

Di questo si è parlato ieri pomeriggio nell’aula Ferrari dell’Università di Parma, dove si è tenuto ilconvegno “Uno più uno non fa due. Il Community Matching tra rifugiati e italiani a confronto con altre esperienze di prossimità interculturale”. L’idea dell’evento è nata in seguito alla pubblicazione del libro di Chiara Marchetti, responsabile dell’area progettazione ricerca e comunicazione di Ciac, dal titolo “Uno più uno non fa due. Promuovere comunità interculturali: il Community Matching tra rifugiati e italiani”, in cui si racconta il progetto a partire da una raccolta di dati e interviste.



Ad aprire l’incontro Emilio Rossi, presidente di Ciac, ha sottolineato la necessità del libro di Marchetti e di resistere alla tendenza all’esclusione contemporanea: «Stiamo resistendo alla volontà di costruire una società dell’esclusione, rinchiudendo noi stessi in un fortino di astio. Dobbiamo continuare a promuovere solidarietà: un altro mondo c’è già e noi possiamo estenderlo».

Il primo panel ha visto la partecipazione di Chiara Marchetti, che ha presentato il suo libro e ha descritto la ricerca alla base della pubblicazione. «La mia è una ricerca qualitativa in cui il dato sfugge ai numeri ma porta dentro vita vissuta con dubbi, fatiche, ambivalenze: la mia ricerca si basa su dati vivi», evidenziando inoltre come le relazioni che si stabiliscono grazie al Community Matching siano paritarie e non di semplice aiuto. Questi legami permettono a chi partecipa, pur partendo da condizioni differenti, di crescere, scoprire e trasformarsi reciprocamente.



A seguire sono intervenuti Sebastiano Ceschi, ricercatore presso il CeSPI, Giovanni Aresi, ricercatore all’Università Cattolica di Milano e Stijn Oosterlynk, professore all’University of Antwerp. Gli esperti hanno approfondito temi quali i buddy schemes, l’importanza del confronto interculturale e del mentoring intergenerazionale per creare una dimensione di inclusione sociale che sia collettiva e non individuale.

Il secondo panel, moderato da Michela Semprebon ed Eugenia Blasetti, coordinatrici del Progetto di ricerca PRIN VOLacross per l’Unità di ricerca dell’Università di Parma, ha posto l’attenzione invece le esperienze pratiche di prossimità interculturale e ha visto come relatrici Benedetta Rivalti (Comune di Ravenna), Anna Viola Toller (Progetto Vesta di Bologna), Tiziana Ferrittu (Consorzio Communitas), Viviana Valastro (Never Alone) e Jasmine Mittendorff (UNHCR).

L’obiettivo del Community Matching è promuovere una società che si basa su solidarietà e inclusione e che si arricchisce attraverso lo scambio interculturale per costruire comunità chesostengono l’integrazione e abbracciano la diversità.



 

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