Emergenza casa, verso la chiusura del centro di accoglienza in borgo del Naviglio
Riprendiamo l'intervento della Rete diritti in casa riguardo alla chiusura del centro di accoglienza di borgo del Naviglio, 17 a Parma.
Cronaca
Riprendiamo l'intervento della Rete diritti in casa riguardo alla chiusura del centro di accoglienza di borgo del Naviglio, 17 a Parma.
Il centro di accoglienza di borgo del Naviglio 17 accoglie da circa 20 anni lavoratori stranieri single, una delle categorie sociali che trova particolarI difficoltà a reperire alloggi in affitto.
Il centro di accoglienza è strutturato in camere nelle quali vivono 2-3 persone, per un totale di circa 16. Per la permanenza si paga un canone mensile di 110 € a persona. I locali sono gestiti da Parma Ottanta.
E’ di questi giorni la notizia che il centro sarà chiuso il 29 dicembre, in pieno inverno e in piena pandemia. Tutti gli ospiti sono stati invitati a prelevare le loro cose e ad andare a trovarsi una sistemazione alternativa, il tutto con il beneplacito del Comune di Parma.
La chiusura è motivata dalla necessità di sanificare e ristrutturare i locali: di per sé la motivazione potrebbe essere giustificata se si trattasse di una chiusura temporanea, se agli abitanti fosse garantita una soluzione alternativa e se il centro potesse tornare ad essere quello che è stato finora, cioè una struttura che cerca di mettere una pezza alla disastrosa emergenza abitativa di tutti coloro che non sono proprietari di una casa.
Nessuna di queste condizioni è rispettata. Il centro chiude per non riaprire, se non con altre funzioni, mentre agli attuali ospiti non viene proposto nulla in alternativa, vengono cacciati per strada in piena emergenza Covid e lasciati allo sbaraglio.
Questa chiusura va ad aggravare una situazione che in città sta diventando drammatica. Il 31 di dicembre finirà il periodo di sospensione dell’esecuzione degli sfratti che era stato introdotto con provvedimenti d’urgenza dal Governo per fare fronte all’emergenza coronavirus. Già da gennaio siamo al corrente di numerosi interventi degli ufficiali giudiziari per eseguire anche a Parma sfratti di famiglie in difficoltà. A costoro si aggiungeranno gli sfratti di tanti nuclei che non sono riusciti a pagare gli affitti per la crisi economica e lavorativa conseguente al lockdown. Stiamo andando verso il massacro sociale e all’emarginazione dei più poveri. In tutto questo periodo non sono stati minimamente presi in considerazione, né a livello locale né a livello nazionale dei provvedimenti per fronteggiare una situazione abitativa che è matematicamente destinata a diventare gravissima. I provvedimenti come la chiusura del centro di Borgo del Naviglio dimostrano che il disinteresse per l’emergenza abitativa è talmente profondo che si va addirittura nella direzione opposta, aggravando la situazione.
Anche lo sgombero improvviso del ricovero di fortuna di via Po dà la misura di come si intendano risolvere le emergenze in questa città: la presenza in loco di decine di vigili a supporto di polizia e carabinieri, la passerella simil leghista degli assessori Casa e Alinovi e la totale assenza di assistenti sociali che potessero indirizzare i poveracci che vivevano tra i topi verso una soluzione più dignitosa, costituisce un segnale piuttosto chiaro.
Gli ultimi però non ci stanno. Si organizzano, protestano, cercheranno di prendersi quello che gli spetta.
Il centro di accoglienza di borgo del Naviglio 17 accoglie da circa 20 anni lavoratori stranieri single, una delle categorie sociali che trova particolarI difficoltà a reperire alloggi in affitto.
Il centro di accoglienza è strutturato in camere nelle quali vivono 2-3 persone, per un totale di circa 16. Per la permanenza si paga un canone mensile di 110 € a persona. I locali sono gestiti da Parma Ottanta.
E’ di questi giorni la notizia che il centro sarà chiuso il 29 dicembre, in pieno inverno e in piena pandemia. Tutti gli ospiti sono stati invitati a prelevare le loro cose e ad andare a trovarsi una sistemazione alternativa, il tutto con il beneplacito del Comune di Parma.
La chiusura è motivata dalla necessità di sanificare e ristrutturare i locali: di per sé la motivazione potrebbe essere giustificata se si trattasse di una chiusura temporanea, se agli abitanti fosse garantita una soluzione alternativa e se il centro potesse tornare ad essere quello che è stato finora, cioè una struttura che cerca di mettere una pezza alla disastrosa emergenza abitativa di tutti coloro che non sono proprietari di una casa.
Nessuna di queste condizioni è rispettata. Il centro chiude per non riaprire, se non con altre funzioni, mentre agli attuali ospiti non viene proposto nulla in alternativa, vengono cacciati per strada in piena emergenza Covid e lasciati allo sbaraglio.
Questa chiusura va ad aggravare una situazione che in città sta diventando drammatica. Il 31 di dicembre finirà il periodo di sospensione dell’esecuzione degli sfratti che era stato introdotto con provvedimenti d’urgenza dal Governo per fare fronte all’emergenza coronavirus. Già da gennaio siamo al corrente di numerosi interventi degli ufficiali giudiziari per eseguire anche a Parma sfratti di famiglie in difficoltà. A costoro si aggiungeranno gli sfratti di tanti nuclei che non sono riusciti a pagare gli affitti per la crisi economica e lavorativa conseguente al lockdown. Stiamo andando verso il massacro sociale e all’emarginazione dei più poveri. In tutto questo periodo non sono stati minimamente presi in considerazione, né a livello locale né a livello nazionale dei provvedimenti per fronteggiare una situazione abitativa che è matematicamente destinata a diventare gravissima. I provvedimenti come la chiusura del centro di Borgo del Naviglio dimostrano che il disinteresse per l’emergenza abitativa è talmente profondo che si va addirittura nella direzione opposta, aggravando la situazione.
Anche lo sgombero improvviso del ricovero di fortuna di via Po dà la misura di come si intendano risolvere le emergenze in questa città: la presenza in loco di decine di vigili a supporto di polizia e carabinieri, la passerella simil leghista degli assessori Casa e Alinovi e la totale assenza di assistenti sociali che potessero indirizzare i poveracci che vivevano tra i topi verso una soluzione più dignitosa, costituisce un segnale piuttosto chiaro.
Gli ultimi però non ci stanno. Si organizzano, protestano, cercheranno di prendersi quello che gli spetta.