Raccontare il mondo attraverso la voce e le storie di rifugiati e migranti
La comunicazione è fondamentale nella creazione della percezione comune sull’immigrazione, e ancora oggi - com'è risaputo - le strategie comunicative mainstream sul tema fanno oscillare il discorso pubblico all’interno di una polarizzazione che da un lato vittimizza mentre dall’altro criminalizza. Entrambi i poli portano una visione sempre stereotipata e semplicistica della questione migratoria e dei soggetti che la vivono, e ciò non permette alle comunità di decostruire i pregiudizi razzisti e coloniali che - anche inconsapevolmente - hanno assorbito; anzi, è proprio a causa di queste narrazioni che l’integrazione nel nostro Paese ha ancora molti passi da fare.
E proprio di una più corretta comunicazione sul tema si è discusso all’incontro “L’informazione in movimento” - tenutosi in Università questo giovedì - che ha ospitato molteplici soggetti attivi nella sensibilizzazione e creazione di modalità comunicative etiche, antirazziste e decoloniali. Il seminario era inserito all’interno degli appuntamenti del Festival della Pace e ha visto coinvolti Ciac, Casa della Pace, l’Università e il Comune di Parma.

La portavoce dell’Associazione Carta di Roma - oltre che ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia - Paola Barretta ha mostrato come i media italiani rappresentano le migrazioni, quali narrazioni discriminatorie e stereotipate si ripetono nel tempo e perché è così difficile produrre un’informazione equilibrata e rispettosa dei diritti. Paola ha portato la cornice necessaria per comprendere il campo in cui ci muoviamo quando parliamo di migranti, rifugiati e narrazioni pubbliche, mentre Tana Anglana - consulente internazionale ed esperta in migrazione, sviluppo e comunicazione strategica - ha proposto delle modalità per arginare questo tipo di narrazione. “E’ importante capire che la contronarrazione non è utile alla nostra causa, anzi, funge strumentalmente da megafono alla narrazione dominante e razzista” dice Tana, “quello che dovremmo impegnarci a fare quando comunichiamo di migrazioni è creare delle narrazioni generative, nuove”.
Buone pratiche per realizzare queste nuove narrazioni sono state portate da Luca Lotano - dottorando all’Università di Palermo e operatore culturale di Asinitas, oltre che coordinatore di progetti editoriali come Le.Re.M. , esperienze di giornalismo plurilingue, comunitario e partecipato - e Paule Roberta Yao - mediatrice linguistico-culturale, divulgatrice antirazzista e autrice finalista di DiMMi 2019. Entrambe le esperienze citate, infatti, mostrano la potenza che una comunicazione fatta dalle persone migranti, e non necessariamente su di loro, può restituire a chi partecipa, ma anche a chi riceve il messaggio veicolato. Perché come ci ha tenuto a ribadire Luca “è necessario che per produrre una cultura davvero collettiva si includa e si tenga conto di tutti gli sguardi che emergono nelle nostre comunità, e si costruisca lo spazio affinché le competenze dei partecipanti diventino parte del tessuto comunicativo della città”. Paule è stata testimone - e, al tempo stesso, una protagonista - di ciò che Luca ha esposto; riportando la sua esperienza di partecipante a percorsi di narrazione autobiografica e scrittura come strumento di cittadinanza, ha descritto la forza che può nascere dall’autonarrazione e la sua portata politica.

Infine, sono intervenuti i partecipanti del laboratorio ON - Other Narratives, nato in seno a una collaborazione tra il Corso Magistrale di Giornalismo dell’Università di Parma e CIAC, il cui scopo è la creazione di contenuti comunicativi tramite il lavoro comunitario di studenti, volontari e utenti del progetto SAI. Come riportato dai diversi relatori, anche i partecipanti del laboratorio hanno espresso la loro attenzione all’utilizzo di una comunicazione etica, che non rafforzi stigmi e/o dinamiche paternalistiche, ma che lasci lo spazio alle voci delle persone migranti che - come ha sottolineato Paule - “non hanno bisogno che sia qualcuno a dargli voce, la possiedono, noi abbiamo la responsabilità di creare contesti in cui venga ascoltata”.

