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Un progetto che unisce: presentazione del libro “Uno più uno non fa due” e le esperienze del Community Matching

iniziative

Quando mondi lontani si incontrano, le aspettative cambiano, le distanze si accorciano e nascono legami che trasformano le vite. È questo il cuore del Community Matching e dell’evento tenutosi il 16 dicembre per la presentazione del libro “Uno più uno non fa due. Promuovere comunità interculturali: il Community Matching tra rifugiati e italiani” di Chiara Marchetti, responsabile dell’area progettazione ricerca e comunicazione di Ciac.

L’incontro è stato soprattutto un’occasione per ascoltare le testimonianze di chi ha scelto di partecipare al Community Matching, un progetto per l’integrazione sociale promosso da CIAC in collaborazione con UNHCR Italia e Refugees Welcome Italia e finanziato dall’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.

Buddy italiani e rifugiati si sono alternati sul palco per raccontare cosa ha significato e continua a significare per loro prendere parte a questa esperienza unica, capace di abbattere le barriere e creare amicizie per la vita.

Francesca, alla sua prima esperienza come buddy, ha raccontato del rapporto speciale instaurato con un ragazzo gambiano: "Avevo tante aspettative, pensavo di doverlo aiutare, di insegnargli l’italiano. Invece lui aveva solo bisogno di tranquillità. Per lui sono una voce amica. C’è grande reciprocità nel nostro rapporto e ora anche la mia famiglia è coinvolta e condivide questa esperienza."

Altri partecipanti hanno sottolineato come il Community Matching non solo abbia arricchito la loro vita personale, ma li abbia aiutati a integrarsi in una nuova città o riscoprire il territorio in cui abitano da sempre. Noemi, ad esempio, ha spiegato come il progetto sia stato cruciale per sentirsi a casa a Parma, dove si era appena trasferita: "Mi mancava una dimensione sociale comunitaria, e questo progetto mi ha aiutata a far diventare Parma la mia città. È diventata una parte fondamentale della mia vita: si fa cittadinanza attiva e ci si sente parte di un gruppo."

Giusy, invece, ha conosciuto e partecipato al Community Matching per due anni a Napoli, la sua città: "Ho riscoperto luoghi che prima non notavo o a cui non davo importanza, li ho attraversati con uno sguardo nuovo."

Anche i buddy rifugiati hanno condiviso il valore del progetto. Magna, arrivato dal Mali nel 2021, ha descritto le difficoltà iniziali di ricominciare in un luogo sconosciuto e l’importanza di trovare persone con cui creare legami: "Grazie al progetto ho trovato persone che mi ascoltavano e con cui ho potuto aprirmi. Mi ha permesso di avere un rapporto basato sulla reciprocità e di ricominciare a fare cose semplici come uscire, andare al museo, al mare."

Il Community Matching è anche un’occasione per entrare in contatto con le difficoltà affrontate dai rifugiati, Chiara lo ha capito bene nella sua esperienza di buddy: "Vedevo sguardi giudicanti e persone che facevano da ostacolo invece di aiutare un ragazzo in difficoltà. Questo progetto mi ha permesso di vedere da vicino le difficoltà che un rifugiato può incontrare."

L’incontro si è concluso con l’intervento emozionante di John, un buddy rifugiato arrivato a Parma un anno fa, che grazie a Serena, la sua buddy italiana, ha imparato l’italiano attraverso la poesia e ha recitato “Questo amore” di Jacques Prevert, una delle poesie studiate insieme.

Il Community Matching si conferma quindi un’esperienza unica, capace di creare un dialogo autentico tra mondi apparentemente diversi, dimostrando come l’incontro con l’altro arricchisca e faccia crescere.




 

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