ASGI: Fateli scendere tutti!
L’illegittimo tentativo di fare sbarcare esclusivamente alcuni dei naufraghi e respingere indistintamente tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali si configura, oggettivamente, come una forma di respingimento collettivo, vietato dall’art. 4, protocollo 4 della CEDU; attività, quest’ultima, per la quale l’Italia è già stata condannata in passato .
approfondimenti
Pubblichiamo e condividiamo in pieno il comunicato di Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) sulla questione dello sbarco selettivo che il Governo Italiano ha imposto alla nave Hummanity1 che ora è nel porto di Catania. A livello legale, umanitario e sociale questa scelta è inaccettabile e contro tutte le norme italiane, europee e internazionali.
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Il Governo italiano, attraverso il Ministero dell’interno, il Ministero dei trasporti e della mobilità sostenibile e il Ministero della difesa, pone in essere nuovamente attività di criminalizzazione e contrasto alle operazioni di ricerca e soccorso nel Mare Mediterraneo che alcune organizzazioni umanitarie conducono per sopperire alla carenza delle istituzioni.
Invocando un generico pericolo per la sicurezza dell’Italia, posto in relazione allo sbarco di naufraghi, impropriamente richiamando l’articolo 19, paragrafo 2, lettera g), della Convenzione Onu sul diritto del mare, il Governo impedisce la conclusione delle operazioni di salvataggio di naufraghi (Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza del 20 febbraio 2020, n. 6626).
Il Decreto del 4 novembre 2022 dei citati Ministeri vieta ad una delle navi in questione di “sostare nelle acque territoriali italiane” “oltre il termine necessario per assicurare le operazioni di soccorso ed assistenza nei confronti delle persone che versino in condizioni emergenziali ed il precarie condizioni di salute” secondo un metodo che potrebbe ripetersi anche nell’immediato futuro.
A tal riguardo, risulta arbitraria quanto approssimativa la distinzione all’interno dei gruppi dei naufraghi che il Governo italiano sta proponendo, come risulta impossibile escludere la situazione emergenziale delle decine se non centinaia di persone a bordo la cui condizione va valutata singolarmente.
L’illegittimo tentativo di fare sbarcare esclusivamente alcuni dei naufraghi e respingere indistintamente tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali si configura, oggettivamente, come una forma di respingimento collettivo, vietato dall’art. 4, protocollo 4 della CEDU; attività, quest’ultima, per la quale l’Italia è già stata condannata in passato (sentenza Hirsi Jamaa c. Italia del 2012).
La condotta governativa si pone, altresì, in contrasto con i principi sanciti nella Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e, in primo luogo, del principio di non refoulement (art. 33).
In questa condizione pare impossibile immaginare che il comandante della nave debba obbedire all’ordine impartito dalle autorità amministrative italiane, poiché se portasse fuori dai confini italiani i naufraghi potrebbe configurarsi a suo carico, e a carico dell’armatore, una responsabilità per avere prodotto, in esecuzione di un ordine manifestamente illegittimo, una grave violazione dei diritti umani.
A.S.G.I. chiede che tutti vengano fatti scendere nel più breve tempo possibile.
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Il Governo italiano, attraverso il Ministero dell’interno, il Ministero dei trasporti e della mobilità sostenibile e il Ministero della difesa, pone in essere nuovamente attività di criminalizzazione e contrasto alle operazioni di ricerca e soccorso nel Mare Mediterraneo che alcune organizzazioni umanitarie conducono per sopperire alla carenza delle istituzioni.
Invocando un generico pericolo per la sicurezza dell’Italia, posto in relazione allo sbarco di naufraghi, impropriamente richiamando l’articolo 19, paragrafo 2, lettera g), della Convenzione Onu sul diritto del mare, il Governo impedisce la conclusione delle operazioni di salvataggio di naufraghi (Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza del 20 febbraio 2020, n. 6626).
Il Decreto del 4 novembre 2022 dei citati Ministeri vieta ad una delle navi in questione di “sostare nelle acque territoriali italiane” “oltre il termine necessario per assicurare le operazioni di soccorso ed assistenza nei confronti delle persone che versino in condizioni emergenziali ed il precarie condizioni di salute” secondo un metodo che potrebbe ripetersi anche nell’immediato futuro.
A tal riguardo, risulta arbitraria quanto approssimativa la distinzione all’interno dei gruppi dei naufraghi che il Governo italiano sta proponendo, come risulta impossibile escludere la situazione emergenziale delle decine se non centinaia di persone a bordo la cui condizione va valutata singolarmente.
L’illegittimo tentativo di fare sbarcare esclusivamente alcuni dei naufraghi e respingere indistintamente tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali si configura, oggettivamente, come una forma di respingimento collettivo, vietato dall’art. 4, protocollo 4 della CEDU; attività, quest’ultima, per la quale l’Italia è già stata condannata in passato (sentenza Hirsi Jamaa c. Italia del 2012).
La condotta governativa si pone, altresì, in contrasto con i principi sanciti nella Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e, in primo luogo, del principio di non refoulement (art. 33).
In questa condizione pare impossibile immaginare che il comandante della nave debba obbedire all’ordine impartito dalle autorità amministrative italiane, poiché se portasse fuori dai confini italiani i naufraghi potrebbe configurarsi a suo carico, e a carico dell’armatore, una responsabilità per avere prodotto, in esecuzione di un ordine manifestamente illegittimo, una grave violazione dei diritti umani.
A.S.G.I. chiede che tutti vengano fatti scendere nel più breve tempo possibile.
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