Bosnia, dopo venticinque viaggi
Il report della missione che si è svolta dall’8 al 13 ottobre 2021
Cronaca
Condividiamo un articolo scritto dall'associazione Linea d'Ombra di Trieste sulla situazione in Bosnia. Un reportage che racconta molto bene la situazione che migliaia di cittadini migranti stanno vivendo ai confini dell'Europa.
di Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi
Cantone di Una Sana. Scene di diffusa sofferenza, di normale capillare violenza fra edifici abbandonati dai tempi della guerra civile jugoslava, villette leziose di bosniaci emigrati, case cadenti, colli boscosi e fiumi.
Ad ogni nostra visita, tutto appare sempre un po’ peggio, con l’inesorabilità di una frana. È l’effetto della politica di rigetto dell’UE, che tende costantemente ad aggravarsi, anche per l’aumento del numero di paesi determinati a bloccare ogni accesso ai loro territori.
Vista dalla Bosnia, ma anche dalla piazza della stazione di Trieste, la politica dell’Unione Europea nei confronti dei migranti sembra di breve respiro, irrazionale oltre che criminale, ma ha pezzi di razionalità.
Sul piano economico: si accumula in Bosnia e nei Balcani una riserva di forza lavoro a bassissimo prezzo.
Sul piano politico interno: per favorire sistemi di governance più autoritaria di popolazioni provate da una perdurante crisi economica – pensiamo solo a come in Italia i sondaggi diano ai due partiti dichiaratamente contro i migranti il maggior numero di voti.
Inoltre, e soprattutto, bisogna tener presente che al posto di comando in Europa come ovunque nei paesi ‘ricchi’ c’è “l’Economia”, la crescita fine a se stessa, strutturalmente indifferente ad ogni altra cosa: basti pensare al comportamento nei confronti della gravissima questione climatica, per cui il segretario generale dell’ONU – di un organismo quindi certamente non su posizioni radicali – ha sentito l’esigenza di dire che “siamo sulla buona strada per la catastrofe” (26 ottobre).
Nelle nostre riflessioni sociali e politiche bisogna tener conto di questa cecità strutturale del sistema economico mondiale nei confronti di tutto ciò che ostacola una crescita che ormai è solo crescita dei profitti. Il disastro balcanico dei profughi e ancor più quello libico-mediterraneo ne sono una dolorosa evidenza.
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di Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi
Cantone di Una Sana. Scene di diffusa sofferenza, di normale capillare violenza fra edifici abbandonati dai tempi della guerra civile jugoslava, villette leziose di bosniaci emigrati, case cadenti, colli boscosi e fiumi.
Ad ogni nostra visita, tutto appare sempre un po’ peggio, con l’inesorabilità di una frana. È l’effetto della politica di rigetto dell’UE, che tende costantemente ad aggravarsi, anche per l’aumento del numero di paesi determinati a bloccare ogni accesso ai loro territori.
Vista dalla Bosnia, ma anche dalla piazza della stazione di Trieste, la politica dell’Unione Europea nei confronti dei migranti sembra di breve respiro, irrazionale oltre che criminale, ma ha pezzi di razionalità.
Sul piano economico: si accumula in Bosnia e nei Balcani una riserva di forza lavoro a bassissimo prezzo.
Sul piano politico interno: per favorire sistemi di governance più autoritaria di popolazioni provate da una perdurante crisi economica – pensiamo solo a come in Italia i sondaggi diano ai due partiti dichiaratamente contro i migranti il maggior numero di voti.
Inoltre, e soprattutto, bisogna tener presente che al posto di comando in Europa come ovunque nei paesi ‘ricchi’ c’è “l’Economia”, la crescita fine a se stessa, strutturalmente indifferente ad ogni altra cosa: basti pensare al comportamento nei confronti della gravissima questione climatica, per cui il segretario generale dell’ONU – di un organismo quindi certamente non su posizioni radicali – ha sentito l’esigenza di dire che “siamo sulla buona strada per la catastrofe” (26 ottobre).
Nelle nostre riflessioni sociali e politiche bisogna tener conto di questa cecità strutturale del sistema economico mondiale nei confronti di tutto ciò che ostacola una crescita che ormai è solo crescita dei profitti. Il disastro balcanico dei profughi e ancor più quello libico-mediterraneo ne sono una dolorosa evidenza.
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