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La Corte Costituzionale abroga un pezzo dei Decreti Salvini

Riconosciuto la possibilità di chiedere la cittadinanza a coloro che, affetti da gravi limitazioni alla capacità di apprendimento linguistico derivanti dall’età, da patologie o da disabilità, non sono in grado di studiare la lingua italiana

Un approfondimento dell'avvocato Calogero Musso

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 25 depositata il 7/03/2025, ha finalmente riconosciuto la possibilità di chiedere la cittadinanza a coloro che, affetti da gravi limitazioni alla capacità di apprendimento linguistico derivanti dall’età, da patologie o da disabilità, non sono in grado di studiare la lingua italiana e superare il test del livello B1 di conoscenza della lingua italiana, requisito introdotto dal decreto legge 113/2018 ora abrogato sul punto.

Adesso per costoro, anziché il superamento del test, sarà sufficiente esibire un certificato rilasciato da una struttura sanitaria pubblica che attesti le gravi limitazioni alla capacità di apprendimento.

In particolare, i giudici delle leggi hanno constatato una violazione del principio di eguaglianza formale, garantito dall’art. 3 della Costituzione, con riferimento alle «condizioni personali» del richiedente, tra le quali «si colloca indubbiamente la condizione di disabilità»  espressamente considerata e tutelata dall’art. 38 Cost. e, a livello internazionale, dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità. La richiesta indiscriminata del test B1 di conoscenza della lingua italiana, ad eccezione solo dei titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo e di chi ha sottoscritto l’accordo di integrazione, tratta ingiustificatamente e irragionevolmente in modo uguale situazioni diverse, come quella relativa a stranieri che, in ragione della loro disabilità, versano in situazione oggettivamente diversa dalla generalità dei richiedenti la cittadinanza. Secondo la Corte, infatti, “il principio di eguaglianza richiede, nella fattispecie in esame, che per tale specifica categoria di stranieri il riscontro dell’integrazione avvenga con requisiti commisurati, e quindi proporzionati, alle relative capacità e, dunque, esige una disciplina differenziata con dispensa dalla prova del requisito linguistico”. Afferma anche la Consulta che “pretendere la padronanza della lingua italiana, indifferentemente, da tutti i richiedenti la cittadinanza, si risolve nel porre una condizione inesigibile per quegli stranieri che siano oggettivamente impediti ad apprenderla in ragione di una disabilità. Il che costituisce altresì una violazione di uno dei corollari del principio di ragionevolezza, e segnatamente del principio ad impossibilia nemo tenetur” e che la richiesta del test B1 agli stranieri disabili “frappone, anzi che rimuovere, un ostacolo all’acquisto della cittadinanza per tale specifica categoria di persone vulnerabili e, nella prospettiva degli effetti prodotti, si traduce in una forma di discriminazione indiretta (sentenze n. 3 e n. 1 del 2025, n. 264 del 2013, e ancora n. 163 del 1993), che può condurre a «una forma di emarginazione sociale»”.

 

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