Liberi i richiedenti rinchiusi nel CPR a Porto Empedocle
rassegna stampa
Tutti liberi. Il tribunale di Palermo non ha convalidato il trattenimento dei cinque richiedenti asilo tunisini che sabato scorso erano stati rinchiusi nel centro di Porto Empedocle. Quel giorno il questore di Agrigento aveva disposto la misura di privazione della libertà personale nell’ambito delle procedure accelerate di frontiera per la protezione internazionale. Lunedì il provvedimento era stato trasmesso alla corte del capoluogo siciliano dove ieri si sono svolte le udienze. Si tratta di un altro duro colpo all’obiettivo del governo di mettere dietro le sbarre i richiedenti che vengono da paese di origine ritenuti «sicuri».
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L’apertura del CPR era stata decisa piuttosto in fretta dal ministero dell’Interno a fine luglio, anche perché nel frattempo la realizzazione dei centri per migranti che l’Italia sta costruendo da mesi in Albania è ancora molto indietro. Il centro è vicino all’hotspot già operativo da inizio anno, il centro di prima accoglienza per migranti, che ha una capienza massima di 280 persone. Il CPR può invece ospitarne 70. Nello specifico nei CPR come questo di Porto Empedocle si svolgono le procedure accelerate per i rimpatri delle persone migranti che provengono da paesi cosiddetti “sicuri” (sulla base del “decreto Cutro” approvato dal governo di Giorgia Meloni a seguito del grave naufragio di migranti avvenuto al largo delle coste di Steccato di Cutro, in Calabria, nel febbraio del 2023).
La lista di questi paesi (22 in tutto) è da tempo dibattuta e criticata perché comprende paesi come la Tunisia, dove il governo autoritario di Kais Saied promuove una sistematica campagna di discriminazione contro le persone che provengono dall’Africa subsahariana, o la Nigeria, dove diverse zone ancora oggi sono controllate dal gruppo terroristico Boko Haram.
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