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Quando la paura fa dimenticare la dignità umana

Partendo da una lettera pubblicata dalla Gazzetta di Parma una riflessione su come le nostre comunità stiano diventando sempre più insensibili ai bisogni del diverso, italiano o straniero che sia. Dobbiamo ripartire dallo stare insieme e dall’affrontare e superare le paure capendo che i pregiudizi si superano incontrando, confrontandosi, scoprendo e non chiudendosi.

Interventi

“Rabbia, disgusto, paura”. Sono gli aggettivi che compaiono nel breve testo di accompagnamento ad una fotografia comparsa nei giorni scorsi sulla Gazzetta di Parma. Nell’immagine si vede un giaciglio costituito da un vecchio divano, una libreria scassata e una sedia da giardino completamente instabile. Forse il rifugio di qualcuno che non aveva alternative se non dormire all’aperto. Il contesto lo fornisce chi ha deciso di scrivere al giornale locale: il parco 8 ottobre, zona via Montanara. Il commento contenuto nella lettera è tagliente: “Mi sono sempre sentita tranquilla e serena, oggi torno a casa con l’angoscia”.

L'articolo della Gazzetta di ParmaPartiamo da un fatto: nessuno deve arrogarsi il diritto di dare giudizi sulle sensazioni altrui. Eppure, questa lettera fa sorgere alcune riflessioni. Non è detto che quel luogo sia veramente la “casa” di qualcuno, ma – anche se fosse così – perché le condizioni di vita drammatiche di un essere umano devono suscitare “rabbia, disgusto e paura”?

La risposta non è semplice. Di certo il disgusto supera la sensibilità che ci spinge a farci domande, la rabbia fa scomparire la solidarietà che ci attiva nell’aiuto dell’altro e la paura spinge a chiudersi in sé stessi, dimenticando i problemi di chi ci vive accanto. Tutte emozioni negative che non risolvono il problema ma, al contrario, spingono a vivere nell’angoscia, nel sospetto del diverso e nell’allarme. Una spirale da cui è davvero difficile uscire.

Da anni il quartiere Montanara è ricco di realtà che, con sensibilità e attenzione, si impegnano quotidianamente a sostenere le persone più in difficoltà provando a costruire una comunità coesa. E’ da qui che bisogna partire: dalla comunità, dallo stare insieme e dall’affrontare e superare le paure capendo che i pregiudizi si superano incontrando, confrontandosi, scoprendo e non chiudendosi.

Ciac in questo contesto continuerà a fare la sua parte, non solo a fianco dei cittadini migranti ma anche cercando di incidere sulla percezione che abbiamo degli ultimi della terra. 

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